martedì 27 novembre 2012

Savita e l'Obbedienza di Abramo



Savita Halappanavar è una giovane donna di origine indiana che abita a Galway, in Irlanda.
È sposata e in trepidante attesa del suo primo figlio.
Il 21 di ottobre, in preda a forti dolori, Savita viene ricoverata in ospedale. La diagnosi per il feto di 17 settimane è infausta: la donna sta per avere un aborto spontaneo.
Con tutta l'angoscia che una coppia desiderosa di avere figli può provare, Savita e il marito chiedono che la gravidanza sia interrotta. 
La sconvolgente risposta dei medici dell'ospedale è la seguente: "L'Irlanda è un Paese cattolico, in cui l'aborto è vietato". 
I coniugi chiariscono di non essere irlandesi né tantomeno cattolici ma è tutto inutile. Fino a quando il cuore del feto batterà, i medici non alzeranno un dito per proteggere la vita della donna in quanto persona e non incubatrice.
Le condizioni di Savita peggiorano fino a che il 24 di ottobre il battito intra uterino cessa e il feto viene rimosso chirurgicamente: ma a quel punto è troppo tardi, l'infezione è troppo severa, gli organi cominciano a cedere e il trasferimento in terapia intensiva si rivela inutile.
La giovane non può rivedere Praveen, suo marito, perché dopo l'intervento rimane profondamente sedata, per non svegliarsi più.
Savita muore il 28 di ottobre, all'età di 31 anni, per le conseguenze della setticemia provocatale dal figlio che non avrebbe avuto alcuna possibilità di sopravvivere senza di lei. 

Fin qui, la cronaca dei fatti presa dai giornali di lingua inglese.

Le riflessioni che scaturiscono da questa storia sono molte e prima di scriverne ho atteso che la rabbia e la nausea provocate da tanta barbarie mi lasciassero modo di esprimermi con un minimo di pacatezza.
In Irlanda l'aborto è legale solo se la vita della madre è in pericolo: ma allora non è stata applicata la legge, perché una donna che sta per avere un aborto spontaneo va incontro a eventi che possono mettere seriamente a rischio la sua vita.
Savita era inequivocabilmente non cattolica ma le sue convinzioni etiche e forse religiose sono state completamente ignorate. 
Solo nel 2001, più di 7000 donne sono uscite dall'Irlanda per abortire. Questa cifra non tiene conto di quelle che, non avendo i mezzi per viaggiare, sono finite sui tavoli delle mammane. Quante tra loro saranno morte o avranno riportato danni fisici permanenti? Non lo sappiamo.
Se una turista straniera e incinta dovesse trovarsi lì e nella stessa situazione di Savita farebbe la sua stessa fine? Probabilmente sì.
I medici che per una settimana hanno costretto Savita ad ascoltare il battito del cuore che la stava uccidendo, sono poi andati a cena, o via per il weekend, o alla funzione domenicale con la coscienza tranquilla di chi ha compiuto il proprio dovere?
Le manifestazioni e le proteste in corso in Irlanda, l'intervento sdegnato del governo indiano riusciranno a smuovere un parlamento cieco, oscurantista e, in fondo, assassino?
La morte di Savita a chi ha giovato? Alla maggior gloria di un dio sanguinario al quale si offrono sacrifici umani?
In un antico libro, sacro per alcuni, la mano armata di Abramo viene fermata un attimo prima che si abbatta sul figlio Isacco, chiesto in sacrificio da un dio cui preme molto la cieca obbedienza al proprio volere.
La mano di questi medici, ciecamente obbedienti allo stesso dio, non l'ha fermata nessuno.

Avevo promesso di essere pacata, ma non ne sono capace.





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